E’ con grande piacere che pubblichiamo alcune foto di murales di San Sperate, che ogni anno incantano visitatori provenienti da tutto il mondo.
Questa ricchezza artistica ha reso San Sperate un vero e proprio “paese museo“. Questa caratteristica località sarda ha ottenuto, grazie alla sua Sagra delle Pesche, il Titolo di “Sagra Campione d’Italia 2019“.
San Sperate, centro abitato situato a circa km 18 da Cagliari, nella fertile pianura del Campidano. è uno dei maggiori centri agricoli della Sardegna. Una felice posizione geografica, la presenza di falde freatiche superficiali, il terreno fertile e facilmente coltivabile, hanno favorito l’impianto di diverse colture tra le quali frutta, cereali e verdure hanno caratterizzato il percorso storico del paese. L’assenza di rocce affioranti e la conseguente scarsità di composti litici di dimensioni significative per l’utilizzo in edilizia, determinò nel corso del tempo, non solo il frequente riuso di materiale proveniente da strutture abbandonate, quanto, soprattutto, lo sviluppo di tecniche costruttive alternative che sfruttassero l’abbondante presenza di argilla e terra grassa. E così su ladiri, i mattoni crudi essiccati al sole, divennero nel Campidano tutto e nell’agro di San Sperate in particolare, “la materia prima dell’edilizia dall’età nuragica ai tempi nostri”.
Sono testimoniati stanziamenti stabili nel suo territorio fin dall’epoca preistorica e protostorica, confermati dagli abbondanti rinvenimenti di resti di vasellame del Bronzo medio iniziale (XVI – XV secolo a. C.). Una notevole continuità insediativa ha segnato questa località, che risulta popolata a partire dal Bronzo medio fino alla prima età del ferro (XIII – VI sec. a. C.).
Con l’arrivo dei Cartaginesi nell’isola anche il sito dell’attuale San Sperate passò sotto i nuovi dominatori, che realizzarono nel suo territorio nove abitati indipendenti. L’importanza che il paese raggiunse sotto la dominazione cartaginese sembra proseguire anche in età romana, quantunque allo stato attuale degli studi non si conosca l’esatto stato giuridico del centro.
È probabile che in epoca tardo antica rivestisse ancora un ruolo importante nel panorama sardo, tanto da poter essere scelto come luogo di ricovero per le reliquie del protomartire africano, Speratus, cui il centro deve il nome.
All’epoca dell’avvento del sistema giudicale in Sardegna, il centro fu annesso ad una delle sedici curatorie in cui era stato suddiviso il giudicato di Cagliari (1020/1040 – 1258 circa). Fu poi sotto il controllo pisano (possedimento del conte Gherardo dei Donoratico) e dal 1356 passò agli aragonesi.
Con il 1374 si aprì una nuova fase per il paese, che divenne feudo passando sotto il controllo di diversi baroni e marchesi da Giordano Tolo fino ad Efisio Cadello Asquer, che lo vendette, decretandone il passaggio, nel 1839, al regno dei Savoia.
Il Paese Museo
Nel 1968 San Sperate si presentava come uno dei tanti centri agricoli del campidano, caratterizzato da un’architettura semplice, dominata dalla terra. In ladiri erano le abitazioni del centro storico, in terra battuta le strade. Lo spazio pubblico, dunque, era sostanzialmente monocromo: il marrone della terra era il colore dominante, contrastato dall’azzurro del cielo e dal verde della vegetazione.
Fu un giovane artista locale, con un’intuizione che si rivelerà geniale, a reinventare lo spazio architettonico con il candore dei muri dipinti di bianco. Pinuccio Sciola, così, legò indissolubilmente una storia personale, ad una storia collettiva, quella della sua comunità. Al tempo appena ventiseienne, Sciola alternava periodi di permanenza nel suo paese a viaggi di studio attraverso l’Europa per frequentare importanti accademie d’arte. Con una nuova consapevolezza, aprì il borgo natio al fermento culturale mondiale, supportato entusiasticamente da una gioventù motivata e illuminata, che nel giugno del 1968 trasformò un paese di terra in un paese dai muri bianchi, muri che si apprestavano a divenire un nuovo ambito progettuale. Così, guidati da Pinuccio Sciola, giovani e bambini di San Sperate iniziarono a disegnare sui muri del paese e con loro tantissimi artisti provenienti da ogni parte del mondo. Il muro, da elemento di separazione tra spazio pubblico e spazio privato, nel 1968 si trasformava in elemento di unione, un supporto alla partecipazione sociale di una comunità capace di ricostruire la propria identità e di aprirsi a realtà culturali esterne. Da quel momento il Paese Museo, così ribattezzato, è diventato un forte richiamo per artisti di tutto il mondo, che ogni anno lavorano per le strade di San Sperate.
A oltre cinquant’anni di distanza, quello slancio creativo nato nel 1968 non si è ancora fermato e i frutti di quella straordinaria stagione non si riducono ai soli murales – che pure, ancor oggi, incantano i visitatori provenienti da tutto il mondo – ma sono un nuovo modo di concepire il rapporto tra spazio e comunità, un patrimonio immateriale di conoscenze e abilità condivise e traducibili in azioni di partecipazione ed apertura verso il mondo esterno: il colore è passato dai muri alle strade, le produzioni non più solo pittoriche sono passate alla multimedialità, il paese si è trasformato in un laboratorio internazionale a cielo aperto in cui le uniche “regole” sono il lavorare nello spazio pubblico con il coinvolgimento della comunità.
Il patrimonio culturale attuale è formato da più di cinquecento murales e alcune centinaia di istallazioni e di sculture, a cui vanno aggiunte le opere di Pinuccio Sciola, fra le quali meritano particolare menzione le famose pietre sonore visitabili nel suggestivo Giardino di Sonoro, del compianto artista scomparso nel 2017.; questo patrimonio richiama annualmente numerosissimi turisti provenienti da tutto il mondo, con particolare concentrazione nel mese di luglio, il periodo della Sagra delle Pesche.